Addio, Fabrizio

Due post nello stesso mese per questo sito, incredibile.
Mi ritrovo spesso, come dicevo proprio oggi ad un amico, a scrivere solo quando sono triste.
La tristezza mi ha sempre ispirato, molto più della felicità. La felicità è qualcosa di fuggente, che dura pochi attimi. Qualcosa, come sancito anche in qualche costituzione, da ricercare.
La tristezza invece è un sentimento perenne, che avvolge, lascia il tempo di riflettere e pensare di non essere mai arrivati, in modo da spingersi sempre verso qualcosa di meglio. Non è forse questo il motore di ciò che siamo?
Ultimamente di tristezza ce n’è a pacchi, dalla situazione politica, a quella ambientale e culturale, non solo italiana.
In tutto questo marasma senza fine, oggi è mancato Fabrizio Frizzi, all’età di 60 anni appena compiuti. Lascia una moglie e una bambina di 5 anni.

Non sono mai stato particolarmente affezionato alla televisione. Anzi, se possibile la TV la spengo piuttosto che accenderla. Non ho mai avuto nemmeno particolari simpatie per la RAI, pur riconoscendo l’immenso valore sociale che ha una televisione pubblica.
Tuttavia in un modo o nell’altro sono cresciuto con alcuni personaggi, tra cui lo stesso Fabrizio Frizzi.
Sono cresciuto con il suo entusiasmo e il suo sorriso. Mi è sempre sembrata una persona dedita al proprio lavoro, con l’infinita volontà di volerlo fare al meglio.
Forse per la sua energia e genuinità, inconsciamente mi ricordava un po’ mio padre.
Avrebbe probabilmente dovuto ritirarsi dalle scene dopo il problema di salute che ha avuto ad ottobre 2017, ma la forza di volontà era inarrestabile.
Fino alla fine, ha voluto fare quel che amava, cioè un ottimo lavoro senza mancare ai propri impegni.

Frizzi apparteneva a quella solidità infantile che sembra inattaccabile: crescendo ti porti dietro sensazioni e sicurezze che appaiono immutabili.
Poi ad un certo punto, nel rumore di fondo in cui siamo immersi ogni giorno, ti vengono portate via pezzo per pezzo.

Beh, finalmente potrai riposare.
Grazie per Woody e per tutto il resto.
Addio, Fabrizio