L’impatto delle idee

Non mi è piaciuto molto Black Panther.
L’ho trovato un film con buoni propositi, un messaggio interessante, ma troppo edulcorato e banale come da tradizione Marvel, con lo scopo di accontentare il più vasto pubblico possibile. Così come non mi è piaciuta la scrittura degli ultimi capitoli del MCU (Infinity War e Endgame), apprezzati giusto per l’epicità dell’intera saga.
Tuttavia queste opere d’arte audiovisive sono legate da un filo conduttore che qualche giorno fa si è spezzato.

Chadwick Boseman, attore americano di 43 anni, protagonista per l’appunto di Black Panther, è mancato a causa di un tumore al colon. Una tragedia che ha sconvolto tutto il mondo di Hollywood e non solo, ovviamente per la giovane età.
La natura non guarda in faccia nessuno: se qualche cellula del corpo perde la bussola e “decide” di impazzire, puoi essere giovane e forte, puoi anche essere un super eroe, ma questa farà il suo corso. Biologicamente non c’è nulla da stupirsi o rammaricarsi, quando succede si cerca di fare tutto il possibile dal punto di vista medico, ma non abbiamo ancora plasmato la natura a sufficienza per poter risolvere problemi del genere.

Umanamente invece, qualcosa mi tocca.
Sembra che in questo blog io scriva solo di morti, ed in fondo è vero, ma sopratutto scrivo quando qualcosa mi colpisce.
Ciò che mi ha colpito della storia di questo ragazzo è la grande umiltà e costanza nel portare a termine ciò in cui credeva, ciò per cui lavorava. La malattia gli è stata diagnosticata nel 2016, mentre erano in corso le riprese dei film. Chadwick ha continuato a lavorare durante le terapie, senza divulgare la notizia del suo male. Ha dovuto comunque mantenere una forma fisica notevole per poter interpretare quei ruoli, nonostante la malattia debilitante e le cure.
Non solo.

L’interpretare dei ruoli nel cinema può essere vista come una cosa “futile” o comunque di poca fatica. In realtà, vuole anche dire trasmettere delle idee. Le idee plasmano la realtà e il futuro. Ho trovato molto interessante come Boseman vedeva il personaggio di T’Challa, definendolo un antieroe che “si mette in discussione, accetta le critiche e trova un modo per mantenersi concentrato e restare sul suo obiettivo nonostante tutto. È quello che devono fare i leader mondiali“.

Questo pensiero esprimeva a pieno la sua volontà di andare avanti fino alla fine, nonostante stesse vivendo una tragedia interiore.
Mi soffermo sulle persone che affrontano tragedie di questo genere tutti i giorni e che non vengono ricordate perchè non sono famose. Così come tutte le loro famiglie e chi ha in cura queste persone. Penso che un giorno potrei essere io.
Riuscirei ad affrontare con la grinta di uno T’Challa un’eventualità della vita di questa portata?
Bisogna prendere spunto da persone come Chadwick, che mettono tutte loro stesse in quello che fanno, cercando di portare avanti un’idea, di avere un impatto positivo sul mondo intorno a loro.
Non mi sembra, fin’ora, di aver avuto un impatto positivo sul mondo intorno a me.

Chissà se vivrò una vita di mediocrità, se un giorno capirò il mio impatto sul mondo.
Chissà se mai l’avrò.
Chadwick, quaggiù continuerà a fare tutto schifo, ma cercheremo di portare avanti il tuo impatto positivo.
Non ti conoscevo, ma ti auguro la pace.
Addio T’Challa.

Addio, Fabrizio

Due post nello stesso mese per questo sito, incredibile.
Mi ritrovo spesso, come dicevo proprio oggi ad un amico, a scrivere solo quando sono triste.
La tristezza mi ha sempre ispirato, molto più della felicità. La felicità è qualcosa di fuggente, che dura pochi attimi. Qualcosa, come sancito anche in qualche costituzione, da ricercare.
La tristezza invece è un sentimento perenne, che avvolge, lascia il tempo di riflettere e pensare di non essere mai arrivati, in modo da spingersi sempre verso qualcosa di meglio. Non è forse questo il motore di ciò che siamo?
Ultimamente di tristezza ce n’è a pacchi, dalla situazione politica, a quella ambientale e culturale, non solo italiana.
In tutto questo marasma senza fine, oggi è mancato Fabrizio Frizzi, all’età di 60 anni appena compiuti. Lascia una moglie e una bambina di 5 anni.

Non sono mai stato particolarmente affezionato alla televisione. Anzi, se possibile la TV la spengo piuttosto che accenderla. Non ho mai avuto nemmeno particolari simpatie per la RAI, pur riconoscendo l’immenso valore sociale che ha una televisione pubblica.
Tuttavia in un modo o nell’altro sono cresciuto con alcuni personaggi, tra cui lo stesso Fabrizio Frizzi.
Sono cresciuto con il suo entusiasmo e il suo sorriso. Mi è sempre sembrata una persona dedita al proprio lavoro, con l’infinita volontà di volerlo fare al meglio.
Forse per la sua energia e genuinità, inconsciamente mi ricordava un po’ mio padre.
Avrebbe probabilmente dovuto ritirarsi dalle scene dopo il problema di salute che ha avuto ad ottobre 2017, ma la forza di volontà era inarrestabile.
Fino alla fine, ha voluto fare quel che amava, cioè un ottimo lavoro senza mancare ai propri impegni.

Frizzi apparteneva a quella solidità infantile che sembra inattaccabile: crescendo ti porti dietro sensazioni e sicurezze che appaiono immutabili.
Poi ad un certo punto, nel rumore di fondo in cui siamo immersi ogni giorno, ti vengono portate via pezzo per pezzo.

Beh, finalmente potrai riposare.
Grazie per Woody e per tutto il resto.
Addio, Fabrizio

Le due anime – Elezioni Politiche 2018

Due anime in questo momento stanno albergando dentro di me: la prima dice che questa è democrazia, che bisogna accettare il risultato anche se molto lontano dalla propria idea, che un paese democratico deve vedere alternanza di governo e questo è un bene. La campagna elettorale, per quanto allucinante e a tratti ridicolmente agghiacciante, si è svolta in maniera regolare: il 72% degli italiani aventi diritto si è recato alle urne per esprimere una votazione legittima.
C’è instabilità, ma in un modo o nell’altro le cose andranno avanti
Si sono viste nell’arco degli anni alleanze improponibili che comunque hanno portato avanti il paese, per quanto in modo discutibile.

L’altra anima invece urla.
Urla per mille motivi. Urla perchè chi prima ha urlato ed è riuscito ad imporre la sua visione distorta della realtà, anche grazie a questi maledetti social network tramite cui ora mi state leggendo, adesso sta esultando con una sorta di compiaciuto convincimento.
Urla perchè non è possibile che nel 2018 partiti come la Lega e Forza Italia riescano ancora a prendere il 18% e il 15% alla Camera, quando sono i partiti che più hanno distrutto il tessuto sociale e l’impianto culturale di questo paese, coltivando una cultura dell’apparire, dell’ignoranza, dell’odio e della criminalità legalizzata.
Urla perchè il Partito Democratico si è dimostrato nuovamente incapace di contrastare questa ondata di ignoranza dilagante, frammentandosi e facendo dei propri “principi elitari” un vanto troppo distaccato dai problemi reali della gente, privilegiando il populismo più becero e terrapiattista di sempre (il fatto che al sud 1/2 della popolazione abbia votato 5 stelle è il più chiaro esempio di questo).

L’urlo più grande la mia anima lo rivolge ai nuovi eroi dei giorni nostri: i dilettanti.
Qualche anno fa io stesso ho creduto alla “causa” a 5 stelle, partito che si presentava finalmente come qualcosa di nuovo, che finalmente parlava di ambiente, di equità e solidarietà sociale, di riduzione di costi, di energia sostenibile, di austerità.
Poi sono cresciuto, rendendomi conto che se si parla alla pancia delle persone si sta facendo cattiva politica.
Mi sono anche reso conto che questi predicatori dell’honestà (per inciso, non tutti) iniziavano anche ad andare contro ciò che per me è il più grande pilastro esistente: la scienza.

A quel punto, quando sento gli elettori 5 stelle parlare di abolire o ridurre le vaccinazioni obbligatorie, di validità del metodo Stamina, di “economisti” improvvisati che dichiarano che basti uscire dall’euro e dichiarare il fallimento dello Stato per far andare tutto bene, ecco, la favola svanisce.
Ci si rende conto che dalla dialettica di un partito degno della democrazia italiana non possono venir fuori aspetti comunicativi che influenzano così negativamente il popolo. Perchè emergono concetti come “nè di destra nè di sinistra, ma sopratutto mai a sinistra”?
Non è sana politica quella di consigliare di non pagare più il canone RAI, o di far credere che Internet sia la soluzione a tutti i problemi.
Un cittadino non può trovare tutta la verità in un post di facebook.
Parlare alla pancia della gente serve per avere un facile appoggio immediato, ma un impoverimento a lungo termine della capacità critica del popolo, come ampiamente dimostrato dai 20 anni berlusconiani da cui eravamo da poco usciti.

La dialettica populista non può battere la cultura, non deve. Non ci si può improvvisare esperti e mettere in discussione tuttò ciò che è stata la nostra Repubblica, fondata su valori democratici veri, cioè elezione di rappresentati che facciano qualcosa che noi non possiamo fare, sia perchè non è il nostro mestiere principale (perchè la politica non si può fare solo nel weekend), sia perchè non abbiamo le competenze.
Voglio urlare più di quanto hanno fatto questi presunti “migliori”, perchè a quanto pare è così che si ottiene qualcosa: come nella giungla, quando a vincere sono i leoni che ruggiscono più forte.
Ma l’Italia è così: ignorante, vecchia e molto simile ad uno zoo.

elezioni

Come l’Italia sta morendo

E’ certo, i treni hanno sempre ottime storie da offrire.
E questa è una di quelle.

Mi ritrovo a dover prendere un treno come quelli che prendo ogni giorno, per tornare nella mia lontanissima casa (ancora mi chiedo perchè lo sto facendo), ma più tardi del solito.
Solitamente i treni dopo le 19 sono sempre un po’ particolari, forse per la quantità di feccia che vi sale sopra (me compreso).
La controllora è piazzata sulla banchina per controllare i biglietti prima che la gente salga, in modo da prevenire in anticipo il classico viaggio senza biglietto. Un ragazzo di colore, ovviamente senza biglietto, tenta di salire ugualmente, ma lei lo intima più volte di allontanarsi, in maniera molto decisa. Probabilmente non è la prima volta che ci prova.

Nel frattempo sento che un tizio (perfettamente italiano, palestrato, con la ragazza) dice alla controllora che “l’abbonamento me l’ha fatto mio padre, non so se me l’ha caricato sulla tessera, non ho la ricevuta cartacea, ma devo salire”, e la controllora gli dice di aspettare, che gli avrebbe controllato la tessera non appena la situazione fosse stata più calma.

Il ragazzo fa svariati tentativi, e poco prima che il treno parta, tenta un’ultima volta di lanciarsi a bordo.

La controllora fa di tutto per farlo desistere, mentre il palestrato di prima dalla banchina inizia a urlare e si piazza in mezzo tra la controllora e il nero e, inveendo contro quest’ultimo, riesce a salire tra mille insulti e mettendo quasi le mani addosso al ragazzo, che rimane sulla banchina (anche lui urlando) mentre il treno parte.

Dopo tutto questo, partono 10 minuti di salsa di insulti continui (davvero, non riesco a capire come una persona trovi così tanti modi di insultare qualcun’altro) a lui, ai neri, agli immigrati, tutto condito con sapore del classico e intramontabile “non sono razzista ma..”.

La controllora ha pure ringraziato più volte il palestrato.

Avete capito cos’è successo?
Il bomber è riuscito a scroccare il passaggio senza aver palesemente fatto l’abbonamento, sfruttando la situazione di crisi della controllora. Un mito.
Ah, per inciso, la capotreno era una gran bella ragazza.
Secondo voi l’avrebbe fatto per una cessa? O se avesse avuto il biglietto valido? O se il tizio non fosse stato un nero?
La risposta ad almeno 2 di queste 3 domande è sicuramente no.

Ora, questi immigrati che fanno perdere tempo alla gente che lavora e che molte volte si permettono pure di prendere per il culo le nostre regole, non mi piacciono proprio (escludendo da questa valutazione tutti coloro che arrivano qui senza niente e devono in un qualche modo sopravvivere, non quelli con la maglia di Gucci, l’Iphone e che non pagano 6 euro di treno da Torino ad Alessandria).
Sicuramente mi ha fatto più schifo l’italiota medio che ha, come da ottima tradizione italiana mafiosa e truffaldina, frodato il sistema infilandosi subito in una falla (forse per poi infilarsi nelle mutande della capotreno, ma questo è un altro discorso).

Il razzismo è sempre uguale. Ci vogliono pochi secondi per individuare un razzista e sono fatti tutti con lo stampino. Così com’è facile individuare l’italiano medio, il popolino, quello che pensa ciò che si legge su facebook, ciò che dicono i politici.
Si vede dalla mediocrità con cui vengono espressi concetti, triti e ritriti, semplici e decisi.

Accoglienza, fratellanza, tolleranza, sono parole vane. Non hanno alcun significato se vengono pronunciate da pochi, e attuate ancora meno.

E’ così che l’Italia sta morendo. Nella chiusura, nell’ignoranza e nel raggiro.

Le mezze verità del No

Diciamo le cose come stanno. Se su questo referendum non avete dei dubbi, sia che siate propensi verso il No, che verso il Si, avete dei problemi.
Non è possibile avere una posizione ben definita, se si è approfondito abbastanza, in quanto entrambi i sistemi costituzionali (sia l’attuale, che il possibile futuro) presentano dei benefici in alcune situazioni, e degli svantaggi in altre.

In ogni caso, sembra che il comitato del No sia composto da persone che hanno capito tutto dalla vita, e quello del Si sia convinto di aver fatto la riforma costituzionale più bella degli ultimi 100 anni.
La verità è che nessuno sa un cazzo e che qualunque sia la scelta dei cittadini, vi saranno delle conseguenze positive e negative per il paese.

Andiamo a fare chiarezza con il buon vecchio metodo: leggere le fonti ufficiali.
Partiamo col dire che a questo indirizzo…
link
…sono presenti le vere uniche informazioni ufficiali che potreste trovare su internet, ovviamente escludendo le certezze della zia Maria che ha ricevuto un’immagine su whatsapp con i “veri motivi per votare No”, tra un meme motivazionale e una battuta sui bambini che non fa ridere nessuno.

Partiamo con la correzione delle principali inesattezze del No

1) Il Senato viene abolito? NO
Esisterà ancora ma non sarà eletto dai cittadini, si nomineranno i politici tra loro.

Vero, ma da correggere.
E’ vero che il Senato non verrà abolito. Cosa accadrà? Lo spiega bene il sito della Camera dei Deputati, dove viene esplicitato che il Senato rimarrà attivo per legiferare su questioni di carattere regionale e parteciperà ad alcune consultazioni su leggi che necessitano di un bicameralismo, mentre la maggior parte delle leggi verrà legiferata solo dalla Camera. Questo si chiama SUPERAMENTO del BICAMERALISMO PARITARIO e introduzione del Bicameralismo Differenziato.
La frase “i politici si nomineranno tra di loro” è fuorviante, come vuol essere ovviamente, in quanto i Senatori (che diventano 100 da 300) vengono eletti dalle assemblee regionali tra i consiglieri che le compongono e tra i sindaci delle regioni in base al voto espresso dai cittadini che hanno eletto i Sindaci regionali. In definitiva, la volontà popolare viene rispettata, ma a livello regionale e non più a livello universale. D’altronde, come può un cittadino di Molfetta conoscere e votare un sindaco/Senatore di Spinetta Marengo?
Aggiungo che la nuova riforma costituzionale prevede una possibilità di inserimento, nelle sedute elettorali regionali, di una scelta da parte dei cittadini dei senatori eleggibili in Senato, norma però che dev’essere supportata da una legge ordinaria che ancora non è stata fatta (ma si presume verrà fatta in caso di vittoria del Si).
Non è chiaro invece cosa succederà ai 200 senatori “vacanti”.

2) Ci sarà un enorme risparmio? No
La Ragioneria dello Stato ha smentito le bugie di Renzi. 57 milioni e non 500. La Costituzione non va cambiata per risparmiare, per quello ci sono leggi e regole.

Vero. La spesa del Senato, ovvero per il mantenimento delle strutture, pagamento stipendi, funzioni legislative, previdenza, consulenze, e tutto quello che potrebbe entrare nel bilancio di un organo costituzionale, si attesta intorno ai 500 milioni di euro l’anno. Tuttavia il dato su cui i sostenitori del No non si soffermano è la costante diminuzione dei costi del Senato negli anni, a seguito di piccole, ma costanti, regolamentazioni per la riduzione dei costi. Dal momento che il Senato non viene abolito, ovviamente non può esserci un risparmio di 500 milioni di euro dall’oggi al domani. Nel 2015 il costo del senato è stato di 496 milioni di euro, in diminuzione da 520 milioni nel 2012. Un risparmio di 24 milioni di euro in 4 anni, non è cosa da poco. E’ facile dire “tutti a casa”, è difficile far risparmiare milioni di euro in una selva burocratica com’è l’Italia. Cosa potrebbe accadere con la vittoria del Si? Un risparmio di ulteriori 50+ milioni di euro. Non sarà un risparmio di mezzo miliardo di euro, ma oh, sossoldi. Ovviamente quei soldi “in avanzo” vengono reimmessi nelle casse dello Stato.

3) Ci sarà più partecipazione dei cittadini? No.
Le firme necessarie per presentare una proposta di legge vengono triplicate: da 50 a 150 mila.

Quello che il paladino del No si è dimenticato di scrivere, probabilmente perchè sono dettagli per chi vuole portare l’acqua al proprio mulino, è che quelle 150 mila firme serviranno per portare in parlamento una legge che DOVRA’ essere discussa alla Camera per obbligo costituzionale. Attualmente non è così, ricordiamo le 500 mila di firme dei sostenitori di Grillo raccolte durante il VDay nascoste in un cassetto e mai discusse.
Ricordiamo inoltre che ormai 50mila contatti (e probabilmente firme) le otterrebbe anche Peppe Fetish con il suo canale youtube se volesse proporre una legge che obbliga le donne ad andare in giro a i piedi nudi.

4) Le leggi si faranno più velocemente? No.
Ci saranno più di 10 nuovi percorsi per approvare le leggi con rimpalli, conflitti e ping pong tra Camera e Senato.

Questo è un buon punto, ma senza alcun approfondimento. Leggendo le modifiche costituzionali, un qualunque cittadino si può rendere conto da solo che SE le competenze tra Senato e Camera si differenziano, ovviamente devono essere definiti tutti i casi in cui una competenza è di ordine bicamerale o monocamerale. Nell’Articolo 117 della Costituzione modificata sono già stati definiti tutti i casi di competenza. Il suddetto articolo per forza di cose è passato da essere 2 righe a 50 righe, perchè sono stati descritti tutti i casi di competenza. L’attuale ping pong delle leggi è dovuto anche al fatto che su alcuni temi si sfrutta il sistema bicamerale proprio per bloccare la riuscita della legge. Questo nuovo sistema NON garantisce che non ci saranno rimpalli e conflitti, TENTA DI ARGINARE l’incapacità delle persone di favorire uno sviluppo legislativo piuttosto che il proprio tornaconto personale (ricordiamo i 20000 emendamenti generati in modo automatico da un software da un parlamentale leghista per fermare una legge proprio sfruttando l’estremo equilibrio dei poteri del sistema bicamerale).

5) La nostra Costituzione è lenta? No.
Sono i politici che la rendono lenta quando gli conviene. Ricordiamo: Legge Fornero (Esodati) approvata in 3 settimane. Legge Boccadutri (Soldi ai Partiti) approvata in un solo giorno.

Una Costituzione non può essere lenta di per sè. Il testo Costituzionale può dare un’idea di massima dei principi fondamentali di una Repubblica, ma non può risolvere tutti i conflitti ideologici. Qui si sta facendo un minestrone politico, in cui si avvicina il concetto di Testo Costituzionale e sistema legislativo. Se i parlamentari e i cittadini fossero onesti, il sistema legislativo italiano non sarebbe così lento. Dato che una grossa fetta di essi non lo è, si tenta di sistemare un sistema costituzionale che garantiva l’equilibrio dei poteri (in un sistema utopico in cui il rimpallo non venisse sfruttato ad hoc) mettendoci una pezza con la differenziazione delle competenze. In altre parole cosa sta dicendo il Governo? Portiamo alcune competenze regionali vicine a quelle statali, facciamo sentire le regioni più vicine allo Stato e viceversa: al contempo suddividiamo i compiti, così che non si perda tempo a rimpallarsi le responsabilità. Può piacervi o no come ragionamento, decidete.

6) Garantisce politici più onesti? No.
Consiglieri Regionali e Sindaci avranno l’immunità. Non potranno essere intercettati, perquisiti e arrestati senza l’autorizzazione che voteranno loro stessi con i loro colleghi.

Vero, per intercettarli o arrestarli, la magistratura dovrà prima ottenere il consenso del Senato stesso, così com’era prima della riforma. I Parlamentari colti in fragranza di reato o con condanna definitiva, non godono di alcuna immunità. Il punto qui è che il numero di Parlamentari coperti da immunità (che garantisce, in teoria, un equilibrio tra il potere esecutivo, legislativo e giudiziario) si riduce da 945 parlamentari a 730.
Ricordo che i Consiglieri Regionali e i Sindaci ELETTI a Senatori avranno l’immunità, NON tutti i sindaci del Bel Paese e solo per la durata del proprio mandato.

Concludo con una riflessione.
Come al solito questa nuova chiamata dei cittadini alle urne si sta palesando come un’occasione per provocare un delirio colossale. Sapete cosa cambierà in caso di vittoria del Si o del No? Niente. Non succederà granchè nè in un caso nè nell’altro. Molte cose verranno decise da leggi ordinarie in seguito ad una eventuale vittoria del Si, ma anche in quel caso non si avrà un cambio netto di rotta da parte del Paese nello sviluppo delle riforme e della crescita (sempre che questa parola abbia ancora un senso).

La cosa drammatica, a parere mio, è che si trovi sempre una nuova scusa per creare dei muri: di qua o di là, noi o loro. Sempre crescenti divisioni, che obbligano la politica ad essere più una pagliacciata propagandistica che veri contenuti. I veri contenuti sono sempre grigi e sfumati, non si hanno mai vantaggi netti da una scelta piuttosto che da un’altra.
Quel che si dovrebbe tentare di fare è trovare tutti insieme piccole soluzioni più efficienti, non sedersi su una barricata e dire “quello che state facendo voi fa schifo, io lo farei molto meglio”. Perchè poi, quando si è dalla parte di dover fare, ci si rende conto che siamo tutti nella stessa merda.

Captain America – Lo Scudo della libertà perduta

All’inizio della sua storia creativa, Captain America nacque come elemento di propaganda nazionalista Americana, rappresentando “libertà e democrazia” che dovevano opporsi all’imperialismo europeo durante la seconda guerra mondiale. In quel periodo il Capitano era un guerrigliero che servì per sottolineare la grandezza americana: il suo scudo era infatti a forma di distintivo, per accrescere il simbolo di autoritarismo del personaggio. La superiorità americana culminó nella sconfitta tedesca e il capitano perse dunque la sua utilità propagandistica: venne riciclato come cacciatore di comunisti nella guerra fredda, ma non riscosse successo.

Successivamente il personaggio fu ripreso da Stan Lee nel 1964 (nel numero 4 della serie Avengers), l’autore lo privò di quegli elementi nazionalistici che aveva in origine ma lo ripropose donandogli una sensibilità e un’umanità tutta nuova: molto spesso le sue storie venivano utilizzate per denunciare le differenze sociali e la corruzione presenti nella società americana, a rappresentare una sorta di coscienza sociale dell’America.

La forma dello scudo è cambiata nel tempo, è ora circolare, come a sottolineare il fattore di protezione per tutto il mondo che il personaggio rappresenta. Per quanto sia un grande combattente, la sua abilità viene sfruttata tendenzialmente per stordire gli avversari, usando lo scudo stesso come arma. Questa visione del personaggio decisamente più moderna e democratica rispecchia ciò che rappresenta per me il Capitano: una figura di riferimento, un leader pronto a morire per i suoi soldati e in grado di proteggere tutto il mondo.

Questa sua nuova veste è stata ripresa egregiamente nei film dell’universo cinematografico Marvel (MCU), partendo dal primo Captain America – Il primo Vendicatore in cui troviamo uno Steve Rogers ancora molto inesperto ma con già i primi presupposti della nuova visione del personaggio, come nella scena in cui, durante l’addestramento, si butta su una granata per proteggere i suoi compagni, senza ancora aver subito la trasformazione dovuta al siero di Stark: la granata si rivela finta, ma Steve già mette in mostra il suo grande coraggio e la sua tendenza alla protezione verso gli altri.

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Nelle pellicole successive vediamo ancor più le capacità di Rogers, ormai Captain America, sia in combattimento che come leadership: nel film The Avengers vediamo infatti una scena emblematica in cui il Capitano riesce a convincere un poliziotto a seguire i suoi ordini dopo aver sconfitto magistralmente parecchi alieni dell’esercito dei Chitauri sotto gli occhi impietriti dell’uomo durante la battaglia di New York.

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Infine vediamo la completa trasformazione del Capitano in Captain America – Civil War, dove Rogers sceglie addirittura di schierarsi contro il suo paese non riuscendo più ad accettare le politiche di repressione e controllo nei confronti della sua squadra di dotati: le tensioni crescenti nei confronti dei dotati di poteri e dei potenziati come lui (Scarlett Witch e Visione ad esempio), portarono a delle spaccature interne al governo, che decise dunque di registrare e regolamentare le possibilità di intervento degli Avengers. Questo tipo di controllo non viene accettato da Steve, che decide quindi di schierarsi a favore della libertà contro alcuni dei suoi stessi compagni. In nome della democrazia, Rogers sceglie di non sottostare a regolamenti autoritari del suo stesso paese, diventando di fatto un rivoluzionario.

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In definitiva, la connotazione libertaria che gli autori Marvel hanno dato al personaggio di Captain America negli anni è molto diversa dal suo iniziale intento propagandistico, e a mio parere molto più affascinante oltre che al passo coi tempi.

In realtà, mi sbagliavo di grosso.

Oggi, 9/11/2016, l’America, una delle nazioni più influenti del pianeta, ha votato il 45esimo suo presidente. Dopo una delle più terrificanti campagne elettorali della storia, con una propensione mediatica all’orrore più che uno scontro serio sui contenuti, viene eletto un presidente che con la politica non ha nulla a che vedere, un “imprenditore” il cui unico obiettivo, come è stato con Mr. B qui in Italia, è probabilmente quello di costruire un impero economico per lui e le sue generazioni a venire, sulle spalle della nazione. L’America torna ad essere rappresentata per ciò che evidentemente vuol essere, ovvero una nazione xenofoba, culturalmente arretrata, totalitaria ed egocentrica, senza alcun piano energetico per il futuro (o meglio, con un piano energetico adattato agli inizi del ‘900), a favore dei totalitarismi (stanno di fatto già partendo nuovamente i rapporti con la Russia) e propensa a costruire muri.

Corsi e ricorsi storici. Dopo un doppio mandato democratico di Barack Obama, forse uno dei più grandi presidenti della storia americana, tutto quello che è stato fatto per la democrazia da oggi verrà lentamente eroso, continuando a peggiorare le già gravose condizioni economiche, sociali ed ambientali mondiali.

Il Capitano non sarà più un servo della nazione, oggi ancor di più vi sarà la spaccatura in nome della vera libertà e della democrazia che ormai, con questo individuo di cui non voglio nemmeno pronunciare il nome, l’America non rappresenta più. Una spaccatura verso coloro che ritengono di poter accentrare tutto su di sè, sia riguardo al potere, che riguardo alle risorse, escludendo le minoranze e distruggendo i diritti costati anni di guerre e sacrifici, come da sempre tutti i populismi mondiali hanno fatto.

CAPCW

La comfort zone

Quando ti ritrovi a dover affrontare le vere questioni della vita, soldi, lavoro, banche, finanziamenti, lutti, ti rendi conto di essere davvero nel mondo degli adulti. Le epoche della spensieratezza, se mai é esistita, sono terminate da tempo.
Tendi a rinchiuderti sempre di più nella tua zona di conforto, che progressivamente crescendo dovrebbe allargarsi e invece si restringe.
La comfort zone é quella serie di spazi e conoscenze che ti fanno sentire al sicuro, nella quale niente di brutto può accadere. Purtroppo sono tutte cazzate, nel senso che spesso é proprio nella comfort zone che succedono i più efferati delitti. In realtà, pessimismo da disinformazione giornalistica a parte, la zona di conforto é molto variabile da persona a persona e si espande ogni giorno in maniera diversa: l’adattamento permette ad ognuno di noi di espanderla ogniqualvolta ci troviamo per un po’ di tempo in una nuova situazione. Il periodo iniziale é il più difficile perché la comfort zone si espande, veniamo in contatto con sensazioni nuove, nuovi modi di affrontare la vita, e le nostre certezze sul giusto o sbagliato vengono progressivamente erose. La cosa ci mette in difficoltà.

Il problema sorge per quelle persone che non riescono ad affrontare quella parte iniziale dell’espansione della comfort zone, per quelli che “non si buttano”.
Per queste persone ho solo qualche parola: senza disequilibrare la propria vita, non si cresce, non si ritrova un nuovo equilibrio più espanso, che ci rende più forti. Ricordiamoci che siamo vivi proprio perché NON siamo in equilibrio con la natura che ci circonda, ma siamo in perenne tendenza a riequilibrarci: questo si chiama invecchiare e infine, morire.
La morte non é altro che entrare in perfetto equilibrio con la natura, ecco perché é cosi naturale.
Restare perennemente nella propria zona di conforto è più facile, è più “confortante”, ma conduce alla morte più velocemente, perché tende ad equilibrarci con la natura più velocemente. Bisogna spingere per uscire continuamente dalla propria comfort zone per crescere e diventare più forti.
È l’unico modo per affrontare tutto. Chi non impara a farlo presto nella propria vita, tenderà sempre più a chiudersi, a costruirsi delle certezze fasulle e inamovibili e gli sarà sempre più difficile uscirne ed affrontare tutto quello che c’è la fuori. Nel mondo non esistono le certezze, le creiamo noi nella mente. Senza mettersi in gioco affrontando situazioni ignote non si possono estendere i propri limiti. Si rimane dunque rinchiusi nelle proprie certezze, sicuramente sbagliate o comunque incerte, senza mai accorgersene o farlo quando ormai é troppo tardi per cambiare.

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L’incertezza dei tempi andati

Stavo giocando a Tomb Raider Anniversary grazie ai saldi di Steam (pagato 2,79 €, ci sta). E’ un gioco del 2007, un remake ispirato al primo gioco Tomb Raider (pubblicato nel 1997, capite da soli perchè il nome Anniversary). Quindi è un gioco vecchio, basato su meccaniche vecchie ed ispirato ad una vecchia concezione di gioco per computer. Non mi soffermerò di certo sulla trama o sulle velleità grafiche (ormai un po’ vetuste, ma comunque ancora godibili). Nemmeno sulle ambientazioni, che sono a mio avviso davvero ben fatte.
Sono le sensazioni che contano. Sempre.
La sensazione che ho giocandolo è esattamente quella che provavamo noi, nati alla fine degli anni 80, con i veri giochi per PC in single player.
Non esistevano pay-to-win, non esisteva pubblicità.
Non esistevano trucchetti (a parte i cheat) o tutorial (se non minimali).
Non esistevano strane magie che ti indicavano la strada da seguire.
Eri solo tu, con mouse e tastiera, il personaggio da comandare, e il gioco. Fine.
Ed era meraviglioso.
La salute non si ricaricava da sola. Ogni azione doveva essere ben pensata, perchè un salto troppo azzardato significava la morte e il caricamento dell’ultimo salvataggio, magari mezz’ora di gioco prima o più. Una volta raggiunta una chiave per proseguire, non esistevano stradine alternative alla Skyrim per uscire dalla grotta, bisognava ripercorrerla tutta indietro per tornare alla sala principale. Non esistevano diari o block notes con decine e decine di righe di testo che indicavano tutti i passi compiuti dal personaggio e obiettivi scritti in bella vista per ricordare continuamente al giocatore cosa deve fare. Solo tu, la tua memoria e gli ambienti di gioco.

La concezione di gioco è cambiata negli ultimi anni. E capisco anche perfettamente perchè.
Non voglio iniziare la solita manfrina del “i giovani d’oggi, ecc…” perchè odio queste cose.
Tuttavia c’è una riflessione da fare, e si vede perfettamente anche nei media che utilizziamo. Siamo costantemente immersi nell’incertezza, e coloro che creano dei prodotti di intrattenimento non possono permettersi di perdere nemmeno un singolo fruitore. Ecco che nascono nel mondo dei videogames stratagemmi per mantenere viva l’attenzione del giocatore, in modo che non abbandoni.
L’abbandono è la principale caratteristica del nostro tempo.
La costanza, non esiste più. La voglia di andare avanti con le proprie forze. La voglia di spingere quando tutto sembra perduto. La sensazione di incertezza è fastidiosa e nessuno la vuole provare, sopratutto i ragazzi, i giovani.

Noi, nati alla fine degli anni 80, siamo cresciuti con giochi incerti, ovvero giochi talmente difficili, che non davano la pappa pronta, perchè a quel tempo al di fuori dei videogames la certezza c’era, e non avevamo bisogno di trovarla nel mondo della fantasia. Oggi la certezza è solo apparente, e tutti nel profondo se ne rendono conto. Data questa necessità, ovvero di trovare certezza e sicurezza almeno nella fantasia, il mercato si muove in quella direzione, ed ecco che nei giochi compaiono tutorial, quicktime events continui, magie che indicano la strada, salute che si rigenera da sola, personaggi con automatismi che impediscono al giocatore di sbagliare, pay-for-win e così via.
In realtà oggi siamo sul baratro di un burrone appesi ad un cornicione pericolante con sotto delle spade, proprio come Lara.

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